domenica 31 ottobre 2010

Modello energetico cibernetico della fisica moderna


Nei primi tre decenni del secolo scorso, la concezione newtoniana del mondo cambiò per lo sviluppo della teoria della relatività e della fisica atomica.
La fisica moderna non poteva più essere basata su concetti di spazio e tempo assoluti, sul rapporto causa-effetto dei fenomeni fisici e sulla concezione ideale di descrizione oggettiva della natura.
Nel 1905 Albert Einstein pubblicò due articoli nei quali espresse due nuove linee di pensiero: la Teoria della relatività speciale e la teoria dei fenomeni atomici, in cui veniva concepita in maniera diversa la radiazione elettromagnetica.
Il concetto di armonia della natura era alla base dell’attività scientifica di Einstein che cercò, attraverso i suoi studi di fondare la fisica in modo unificato.
Egli strutturò in una teoria comune l’elettrodinamica e la meccanica, distinte nella fisica classica (Teoria della Relativita’ Speciale), modificando in maniera forte i tradizionali concetti di spazio e tempo.
Lo spazio, pertanto, non aveva più la caratteristica di tridimensionalità e non era più separato dal tempo; spazio e tempo, infatti, diventavano strettamente connessi tra loro a formare un continuum quadrimensionale, noto come “spazio-tempo”.
Lo spettatore non era più isolato dal fenomeno osservato: infatti, secondo Einstein, osservatori diversi che si muovono ognuno con velocità relative diverse, rispetto ai fenomeni osservati, li ordineranno ognuno con una differente successione temporale.
Il concetto di spazio e tempo da assoluti, quindi, diventano elementi del linguaggio utilizzati dall’osservatore per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista.
Modificando il carattere di assolutezza dello spazio e del tempo, agli inizi del secolo scorso, portò a cambiare tutto quanto lo schema teorico utilizzato per descrivere la natura.
La possibilità di indicare che la massa è una forma di energia, consentì di definire anche che un oggetto in quiete possiede un’energia immagazzinata nella sua massa e la relazione che esiste tra la massa e l’energia è data dall’equazione:

 

E=mc²        dove:   E= energia

                              m= massa
                              c= velocità della luce

Ogni qualvolta si considerano fenomeni fisici che comportano velocità prossime a quella della luce, ed in particolare i fenomeni elettromagnetici, si deve sempre tener conto della teoria della relatività.
Nel 1915, Einstein presentò la Teoria della Relativita’ Generale, nella quale, ampliando lo schema della teoria della relatività speciale tenne conto della gravità, cioè dell’azione che si esplica tra tutti i corpi che posseggono una massa.
La caratteristica della gravità, era, secondo Einstein, quella di “curvare” lo spazio ed il tempo; ciò significava che la geometria euclidea non era più adatta a descrivere questo spazio curvo. Tale curvatura è data dal campo gravitazionale generato dai corpi dotati di massa ed il grado di curvatura dipendeva dalla massa dell’oggetto.
Poiché, inoltre, il tempo non poteva essere separato dallo spazio, anche il tempo risultava influenzato dalla materia.
In tal modo la struttura spazio-tempo dipendeva dalla distribuzione della materia nell’universo e perdeva di significato il concetto di spazio vuoto (secondo i principi della meccanica classica, i corpi solidi si possono muovere solo nello spazio vuoto).
Se consideriamo il range delle dimensioni medie, i concetti di meccanica classica possono ancora tornare utili a motivo della difficoltà ad immaginare una realtà fisica nella quale non possano essere validi, tanto sono radicati nel nostro pensiero; ma quando superiamo le medie dimensioni, allora non ha più senso di parlare di spazio vuoto.
Nell’ambito atomico, lo studio dei fenomeni della radioattività, permise di scoprire che gli atomi delle diverse sostanze radioattive, non soltanto emettono radiazioni, ma erano anche in grado  di trasformarsi in atomi di sostanze differenti.
Considerate particelle dure e solide sin dall’antichità, gli atomi risultarono invece, attraverso gli studi di Ernest Rutherford, costituiti da una vasta regione di spazio nella quale particelle piccole come gli elettroni, si muovevano attorno al nucleo, legati ad esso da forze elettriche.
Negli studi successivi si scoprì anche che il numero degli elettroni, presenti in un atomo, ne determina le proprietà chimiche e che le interazioni tra i vari atomi danno luogo a processi chimici (vedi gli studi di Niels Bohr, Louis de Broglie, Erwin Schrödinger, Wolfang Pauli, Werner Heisenberg, Paul Dirac).
Negli studi eseguiti durante gli esperimenti atomici, interrogando la natura, questa rispondeva mostrando un paradosso: soltanto dopo molto tempo i fisici accettarono che tali paradossi fanno parte della struttura stessa della fisica atomica e compaiono ogniqualvolta si tenta di descrivere i fenomeni che interessano l’ordine di grandezza diverso da quello delle medie dimensioni.
A questo proposito si apre un altro problema che interessa la metodologia della ricerca scientifica: proprio per evitare la comparsa di questi paradossi, si pongono le questioni in modo tale che la risposta sia già conosciuta e risulti esclusa dall’ambito dei paradossi, oppure viene modificato il sistema in modo tale da rendere razionale ed accettabile quello che prima era un paradosso.
In relazione agli esperimenti di Rutherford, gli atomi si comportavano come grandi regioni di spazio nelle quali si muovevano particelle incredibilmente piccole, anziché essere gli oggetti solidi della fisica classica.
Le stesse parti subatomiche presentavano, inoltre un carattere “ambiguo”, duale e si comportavano come particelle o come onde elettromagnetiche, a seconda di come venivano osservate e come faceva la luce.
La contraddizione che un’entità, quale la particella possa essere confinata in un volume molto piccolo e l’onda che invece si estende per un ampio spazio, ha dato origine ai paradossi definiti Koan[1] nella letteratura zen e che si conclusero con la formulazione della teoria dei quanti.
I “pacchetti di energia” di Max Plank, che identificarono l’emissione della radiazione termica non in maniera continua, vennero chiamati “quanti di luce” da Einstein e in seguito accettati come particelle ed attualmente definiti ”fotoni”, particelle speciali, prive di massa e sempre in movimento alla velocità della luce.
La contraddizione tra l’aspetto corpuscolare ed ondulatorio mise in discussione il fondamento della concezione meccanicistica della realtà.
La materia, infatti, non si trova in luoghi precisi, se considerata a livello subatomico, ma mostra una “tendenza a trovarsi” in un certo luogo ed, allo stesso tempo, gli eventi mostrano una “tendenza ad avvenire”. Tali tendenze sono espresse come probabilità e sono associate a quantità matematiche che assumono la forma di onde: per questo motivo le particelle tendono ad essere allo stesso tempo “onde di probabilità”, legate all’eventualità di trovare le particelle in punti particolari dello spazio, in particolari istanti di tempo.
La certezza di prevedere un evento atomico è sostituita da quanto probabilmente l’evento possa accadere.
A livello subatomico gli oggetti solidi della fisica classica diventano non onde di probabilità di cose, ma probabilità di interconnessioni.
La meccanica quantistica mostra, pertanto, una fondamentale unità dell’Universo, in cui non esiste una parte isolata, ma ogni cosa è relazionata con le diverse parti del tutto, includendo l’osservatore come parte essenziale. [2]
Le proprietà di qualsiasi oggetto atomico, sono condizionate dalla relazione con l’osservatore; la descrizione oggettiva della natura, secondo l’ideale classico, non è più possibile, in quanto nella fisica atomica si può parlare di natura, solo parlando contemporaneamente di noi stessi.
Altra caratteristica osservata dell’atomo è la sua grande stabilità meccanica.
La configurazione elettronica di un atomo, infatti, rimane la stessa, indipendentemente dalla frequenza di collisione con altri atomi.
Quando la particella è confinata in un piccolo spazio, la sua velocità di movimento è inversamente proporzionale allo spazio che ha a disposizione: la notevole velocità fa sì che l’atomo appaia come sfera rigida e la difficoltà a comprimere ulteriormente gli atomi, conferisce alla materia l’aspetto solido che siamo abituati ad osservare.
Le orbite atomiche sono rappresentate da onde di probabilità disposte in orbite diverse, non da particelle che ruotano intorno ad un nucleo, alla stregua di un sistema planetario microscopico.
Le onde elettroniche sono disposte in modo che combacino alle estremità, tanto da formare figure dette “onde stazionarie”, onde che si configurano quando si manifestano in uno spazio confinato.
Nel caso dell’atomo, ciò sta significare che possono esistere soltanto un certo numero di orbite con determinati diametri e non in posizioni intermedie, trovandosi in condizioni normali sempre nell’orbita più bassa, detto “stato fondamentale” dell’atomo.
Se l’atomo riceve una quantità di energia sufficiente, può saltare in un’orbita più alta (“stato eccitato”): da questo stato tornerà a quello fondamentale dopo qualche istante, cedendo l’energia eccedente sotto forma di quanto di radiazione elettromagnetica o fotone.
Tutti gli atomi con lo stesso numero di elettroni sono assolutamente identici: possono trovarsi in stati eccitati differenti, ma subito dopo torneranno  all’identico stato fondamentale.
L’elettrone, inoltre, non cambia continuamente la propria rotazione, ma salta da un’orbita all’altra.
La forza che lega il nucleo atomico dotato di carica positiva e le onde elettroniche caricate negativamente, offre l’enorme varietà di strutture e fenomeni che osserviamo nella nostra realtà.
Il nucleo che assume il ruolo di centro stabile, è sorgente della forza elettrica e forma l’intelaiatura delle diverse strutture molecolari.
La comprensione della struttura del nucleo fu fatta negli anni 30, con la scoperta del neutrone, privo di carica elettrica con massa uguale a quella del protone, altra particella costituente il nucleo, avente una massa all’incirca duemila volte quella di un elettrone.
Tutta la massa dell’atomo è contenuta nel nucleo, centomila volte più piccolo dell’atomo stesso: la materia nel nucleo è estremamente densa rispetto alla materia così come normalmente è intesa. I neutroni e protoni insieme costituiscono i “nucleoni” che oltre ad essere di elevata densità, reagiscono al loro sconfinamento movendosi velocemente e, poiché sono costretti in un volume piccolo, mostrano una reazione più violenta: nel nucleo scorrono ad un velocità di circa 60.000 Km/sec.
La forza nucleare agisce solo quando diminuisce la distanza tra due nucleoni, cioè quando questo intervallo è di 2-3 volte il loro diametro: a questa distanza la forza nucleare è di tipo attrattivo, ma diminuendo tale distanza, diventa repulsiva, tanto che i nucleoni non possono avvicinarsi più di tanto. Per tale motivo la forza nucleare mantiene il nucleo in un equilibrio stabile, ma dinamico.
L’immagine della materia che ne deriva, è raffigurata da minuscole gocce separate da enormi distanze in cui si muovono velocemente gli elettroni, dando alla materia l’aspetto solido e realizzando così i legami molecolari; inoltre sono responsabili delle reazioni chimiche  e delle proprietà chimiche della materia.
Ciononostante, la materia come è conosciuta attraverso i sensi, esiste solo in condizioni particolari, quando la temperatura non è troppo alta e le molecole non oscillano tanto velocemente.
Aumentando la temperatura, aumenta l’energia termica e vengono distrutte sia le strutture molecolari, sia quelle atomiche.
Ulteriori sviluppi della fisica moderna e risalenti agli anni 30, mostrarono che la nozione di “particella elementare”, intesa come unità fondamentale della materia dovesse essere modificata, in quanto furono scoperte altre particelle, crescendo da tre a sei nel 35, fino a 18 nel 55 e a tutt’oggi se ne conoscono più di duecento, dimostrando che la specifica di “elementare” debba essere sostituita.
Una teoria fisica completa che descriva la realtà nucleare non solo deve contenere concetti quantistici, ma tenere conto anche della relatività, dato che le particelle confinate negli spazi piccoli degli elettroni si muovono a velocità vicina a quelle della luce.
Esistono numerosi modelli <quantistico-relativistici>, che descrivono gli aspetti del mondo delle particelle, ma la fusione delle due teorie in una sola è la ricerca della fisica moderna.
Se nella fisica classica l’idea di materia era legata all’indistruttibilità, la teoria della relatività ha dimostrato che la massa è una forma di energia: ciò sta a significare che la particella non può essere considerata in maniera statica, ma va interpretata come una configurazione dinamica.
Paul Dirac, indicando un’equazione relativistica in grado di interpretare il comportamento degli elettroni, non solo spiegò la fine struttura dell’atomo, ma riuscì a rivelare una simmetria tra materia ed antimateria, intuendo che esistesse un antielettrone con la stessa massa dell’elettrone, ma con carica opposta, ora chiamata positrone e scoperta dopo due anni la previsione di Dirac.
Quando l’energia a disposizione è sufficiente, si possono creare coppie di particelle ed antiparticelle, che a loro volta si trasformano in energia pura nel processo inverso di annichilazione.
Se due particelle si urtano con energie elevate, solitamente si frantumano in parti che non sono più piccole delle particelle originarie ed il problema della divisibilità della materia, viene risolto in modo inaspettato, in quanto l’unica occasione di dividere ulteriormente le particelle subatomiche è quello di farle interagire in processi d’urto ad elevata energia: dividendo sempre di più la materia, pertanto, non si ottengono pezzi più piccoli, dato che si creano particelle a spese dell’energia coinvolta nel processo (Principio di conservazione dell’energia).
Le particelle subatomiche diventano allora distruttibili ed indistruttibili contemporaneamente ed il paradosso scompare solo quando si osserva la materia da un punto di vista relativistico e dinamico.
Tutte le particelle possono essere trasformate in altre particelle, possono essere create attraverso l’energia e trasformarsi in energia, mostrando che la singola particella non può essere intesa isolandola dal suo contesto, ma risulta parte integrata del tutto.
Nella fisica moderna l’Universo risulta dinamico, sempre legato all’osservatore, ed i concetti di spazio e di tempo, di causa e di effetto non possono più essere separati tra loro.[3]
Una delle teorie che descrive l’interazione energia – materia, a livello nucleare, è la teoria della “cromodinamica quantica”, che identifica nel quark, quantuum di energia, con una dinamica di tipo rotatoria, che si muove ad una velocità di rotazione che caratterizza la frequenza elettromagnetica del nucleo, e sviluppa, a partire dal centro, un sistema di onde curvilinee, simili alla forma delle galassie; al centro di questo sistema, esiste un vacuum che determina una fluttuazione dell’energia stessa. (Vedi concetti di vuoto/pieno della Medicina Tradizionale Cinese), l’elemento costitutivo della materia.
Il legame tra i vari quark è dato dal gluone. Quark e gluoni hanno anche una caratteristica propria di colore, di tre valori diversi, “blu”, “rosso” e “verde”[4].  
I nucleoni (protoni e neutroni), inoltre, sono costituiti da tre quark ed il passaggio dall’energia alla materia, è determinato dalla loro disposizione.
Ogni quark possiede una direzione di velocità che può essere oraria ed antioraria. Questa caratteristica definisce la differenziazione tra particella ed antiparticella: due quark che hanno la stessa direzione di rotazione si respingono, mentre la presenza di due quark a direzione opposta, quark ed antiquark, si attraggono e formano una nuova struttura definita mesone.
Il mesone, caratterizzato da poca stabilità, tende a cambiare velocemente il proprio stato, e distruggendosi, forma una nuova struttura, oppure si stabilizza con l’aggiunta di un altro quark, per formare il protone ed il neutrone, che differiscono tra loro per la disposizione e la direzione di rotazione dei quark.
Protone ed elettrone, descritti meglio dalla teoria del modello non relativistico, per poter essere uniti tra loro, devono avere una struttura energetica inversa. Quindi, oltre a differenziarsi per il tipo di legame tra i tre quark che costituiscono sia il protone, sia il neutrone, si distinguono anche per una differenza di carica, positiva per il protone, neutra per il neutrone.
Ogni protone, pertanto, mostra una disposizione cromatica dei quark costituenti caratteristica: il quark blu è disposto in basso, mentre il verde ed il rosso sono posti in alto, mentre nel neutrone, il quark rosso è messo in alto e quelli blu e rossi sono localizzati in basso.
Ciascun quark è legato agli altri cinque del nucleo (positrone e neutrone), determinando una struttura esagonale, dotata di grande stabilità.
Ogni colore corrisponde ad una velocità di vibrazione (voto-pieno) diversa: quello blu si muove ad una velocità maggiore di quello rosso e, essendo la velocità di rotazione proporzionale alla forza gravitazionale, il quark blu mostra al suo centro, anche una forza di attrazione più potente.
Il quark blu riesce anche a trattenere un elettrone, determinando la carica elettrica del protone, mentre il neutrone non è in grado di trattenere l’elettrone, rimanendo, perciò, elettricamente neutro.
Protone e neutrone, a loro volta, sono tenuti insieme dalle linee di forza determinate dal centro di rotazione: la loro unione si sintetizza con la creazione del nucleo, mentre le linee di forza che nascono tra i protoni ed i neutroni (nucleoni), sono le orbite degli elettroni.
Lo stesso elettrone è un quantuum energetico spinto nell’orbita, con un movimento di rotazione autonomo (spin), determinando anch’esso delle linee di forza, considerate base della forza elettromagnetica.
L’elettrone, da un punto di vista energetico è simile al quark, con due movimenti di tipo perpendicolare tra loro, uno attorno a se stesso (spin), l’altro lungo le linee di forza generate dal movimento di rotazione dei quark nel nucleo.
L’energia allo stato puro, si trova nelle condizioni di rotazione continua e, finché è considerata nella sua individualità non è percepibile attraverso i sensi. Quando, invece, si relaziona con un’altra struttura simile, ma con una direzione di rotazione contraria, allora si verifica un abbassamento della loro frequenza di vibrazione, per effetto del fenomeno d’interferenza ed essendo uno stato poco stabile, oscilla tra la condizione energetica e quella materiale, osservabile; quando, invece, aggiungendosi una terza struttura simile, con movimento di rotazione specifico del neutrone o del protone, allora si uniranno a formare un nucleo, che con l’insieme degli elettroni sulle linee di forza del protone si determina la formazione di un atomo, elemento costitutivo della materia. 


[1] Koan, dal taoismo cinese al buddismo zen, il termine è utilizzato per indicare i rompicapo che, apparentemente privi di senso, sono scelti dai maestri Zen, per comunicare il loro insegnamento. L’impossibilità di comunicare la realtà attraverso un linguaggio è superata introducendo un linguaggio di tipo fattuale. Attraverso il Koan, il maestro punta direttamente alla verità, evidenziando i paradossi del pensiero. Il Koan tende a bloccare il processo di pensiero e rende l’allievo pronto per l’esperienza mistica, la comprensione e l’illuminazione.
[2] Capra, F.: op.cit.: pagg. 80-82.
[3] Capra, F.: op. cit.: pagg. 83-98.
[4] Butto, Nader: Il settimo senso. Un nuovo e rivoluzionario approccio terapeutico. Edizioni Mediterranee, Roma, 2001, pagg. 62-100.

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