domenica 24 ottobre 2010

Omotossicologia

Nei primi decenni del XX° secolo Hans Heinrich Reckeweg[1], medico tedesco, proponeva un’interpretazione differente sull’origine delle malattie e sulle opportunità terapeutiche della medicina omeopatica, fondando una nuova scuola di pensiero e di ricerca medica: l’Omotossicologia.
Alti dosi di un tossico, secondo Reckeweg attivano processi patologici mentre dosi infinitesimali sono in grado di indurre processi reattivi immunitari dell’organismo.
A seconda della dose somministrata, una medesima sostanza mostra effetti inversi in accordo alla legge di Arndt-Schulz: piccole quantità di metilcolantrene(con riconosciuto effetto cancerogeno) iniettate in un animale per via intraperitoneale, attivano una cancerogenesi; diluizioni omeopatiche in D3 o D4 della stessa sostanza, stimolano, invece, la produzione di un enzima antitumorale che ha la caratteristica di disattivare anche altre carcinotossine.
Reckeweg collega le scoperte della chimica, fisica, fisiologia e biologia molecolare, ai concetti Hahnemanniani di terapia.
L’Omotossicologia ha come principio di partenza che la malattia è uno stato biologico reattivo dell’organismo, quando si difende contro l’azione di agenti tossici, cosiddette omotossine.
Tali omotossine possono essere endogene ed esogene e sono in grado di provocare un danno organico.
Qualsiasi prodotto tossico che proviene dalle funzioni alterate dell’organismo umano è considerato omotossina endogena, come possono essere le sostanze derivate da processi infiammatori, da variazioni del pH tissutale, da prodotti del metabolismo intermedio, da situazioni di stress psico-fisico.
Omotossine esogena è qualsiasi sostanza esterna o microrganismi che possano esplicare un’azione tossica su un individuo, in presenza di determinate condizioni adiuvanti.
La malattia da Reckeweg è considerata, nella sua  prima fase, l’espressione della capacità difensiva messa in atto dall’organismo umano, contro l’azione di omotossine esogene ed endogene, che corrisponde,  sulla Tavola delle Omotossicosi (Tavola 1), alle fasi umorali di escrezione, di reazione o infiammazione ed alla fase di deposito.
In un secondo stadio la malattia rappresenta il tentativo dell’organismo di compensare i danni subiti dalle omotossine, cercando di mantenere attiva, per quanto possibile, la sua funzionalità. Queste sono le fasi che corrispondono ai processi di impregnazione, di degenerazione e di de-differenziazione neoplastica a carico delle cellule.[2]
La malattia è un processo di difesa contro agenti che possono rivelarsi tossici per l’organismo o è una difesa biologica contro le conseguenze dei danni provocati dalle omotossine.[3][i]
La terapia omotossicologia, quindi, ha il compito di stimolare e sostenere le difese dell’organismo.


[1] Reckeweg H.H.: Omotossicologia. Prospettiva per una sintesi della medicina. Guna Editore, Milano, 1988.
[2]Pischinger A.: Matrice e regolazione della matrice. Base per una teoria olistica della medicina. Edizioni S.I.M.F. (Società Italiana di Medicina Funzionale), Lesmo, Milano, 1996.
[3] Heine H.: Manuale di Medicina Biologica. Regolazione di base e matrice extracellulare. Fondamenti e sistematica. Guna Editore, Milano, 1999.


[i] Heine H.: Manuale di Medicina Biologica. Regolazione di base e matrice extracellulare. Fondamenti e sistematica. Guna Editore, Milano, 1999.

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